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M2 - singolarità - originale.

all this, and heaven too )
È meno facile di quello che dovrebbe essere, ne è perfettamente consapevole. Evidente quanto lo sguardo di giudizio che Hellltrick gli starebbe lanciando in questo esatto istante, se potesse vedere quanta fatica fa a resistere a qualcosa che sa essere un problema.
Se potesse vederlo perdere tempo davanti ad un anonimo palazzone grigio per procrastinare qualcosa che ha scelto autonomamente di fare e che molto evidentemente non si sente in grado di poter fare.
Altrimenti non sarebbe fermo fuori al freddo da mezz’ora.
“Stai aspettando di entrare?” una voce profonda chiede alle sue spalle, all’improvviso, e Tahlsin si costringe a rimanere immobile per due secondi prima di girarsi in modo studiatamente lento e controllato, con un sorriso neutro stampato sulle labbra.
(Il fatto che ci riesca è testimonianza di quanto l’abitutine faccia miracoli. Il fatto che non sobbalzi, alzando le mani a proteggersi il viso, è testimonianza di quanti progressi abbia fatto.)
Quando si volta, si trova davanti un uomo sulla quarantina, con una spolverata di capelli bianchi sulle tempie e un accenno di brizzolato nella barba meno ordinata di quanto potrebbe essere.
L’uomo lo guarda per qualche secondo in un modo abbastanza intenso da essere quasi snervante, e Tahlsin impiega più di quanto dovrebbe essere normale per rendersi conto che sta aspettando una risposta alla domanda che ha posto.
“Io- sì, sto-” si interrompe dopo un paio di parole, prendendo un mezzo respiro più profondo e cercando di schiarirsi le idee e ricominciare. “Sì, sto aspettando di entrare.”
Lo sguardo dell’uomo rimane fisso su di lui e Tahlsin si costringe a forza a togliere la mano sinistra dalla tasca. Non indurci in tentazione e tutto il resto.
Il silenzio che segue è più imbarazzante che teso, ma Tahlsin deve comunque ricordarsi (ricordare al proprio corpo) di non essere per l’ennesima volta in modalità sopravvivenza, di non trovarsi davanti a niente di pericoloso.
(E cosa dice di lui che i suoi istinti non sappiano ancora riconoscere la differenza tra una conversazione con uno sconosciuto e l’inizio di qualcosa da cui sarebbe meglio scappare?)
(Che le cose vanno molto meno bene di quanto non gli piaccia far credere al suo psicologo.) (Che forse dovrebbe tornare a proporre allo psicologo di parlare davvero, durante le sedute, e passare meno tempo in ginocchio.)
“Prima volta?”
Tahlsin impiega un buon minuto ancora a rendersi conto che lo sconosciuto sta ancora parlando con lui, e sicuro ormai di stare facendo la figura del perfetto imbecille, si limita ad annuire.
“Vorrei dirti che la prima volta è la più difficile,” lo sconosciuto continua, apparentemente non disturbato dalle mancanze verbali di Tahlsin. “Ma la verità è che ogni volta è difficile esattamente come la prima.”
Il che non dovrebbe far ridere Tahlsin, neanche per sbaglio - ma qualcosa nell’assurdità della situazione, nella singolarità di questo incontro fuori dal vero incontro al quale dovrebbe partecipare, gli fa scappare uno sbuffo di risata direttamente dal naso.
“Scusa- oddio, non volevo ridere, non c’è niente da ridere in quello che hai detto-” si affretta a cercare di giustificarsi, risultando per qualche assurdo motivo in una smorfia divertita che si forma sulle labbra dello sconosciuto.
Tahlsin scuote la testa e si passa una mano in faccia. “Scusami, non so cosa mi prende. Forse sono un po’ nervoso.”
“Non c’è bisogno di scusarti. Spero di vederti dentro,” l’uomo sorride in un modo che Tahlsin farebbe fatica a non definire paterno - non che ne sappia qualcosa - prima di superarlo e salire le scale per entrare nel palazzo.
Tahlsin rilascia un sospiro che nemmeno sapeva di stare trattenendo, scuotendo la testa di nuovo per cercare di schiarirsi le idee e tornare a comportarsi come una persona normale.
Non c’è nessun bisogno di essere così agitato. Non c’è nessun bisogno di rimettersi la mano in tasca. Non c’è nessun bisogno di girarsi e correre via a fare qualcosa che lo farebbe smettere di pensare incessantemente.
Tahlsin prende un altro respiro profondo e si volta per salire le scale.
L’incontro non è precisamente come Tahlsin si sarebbe aspettato.
Il che vuole dire più o meno che l’incontro non è esattamente come quelli che si vedono nei film o in televisione, e nemmeno come i pochi accenni che gli sia mai capitato di leggere nei libri.
Non ci sono dichiarazioni sconvolgenti o persone che scoppiano a piangere a dirotto nel mezzo di una qualche confessione, non ci sono momenti di tensione tra partecipanti o niente che possa in qualche modo definirsi entusiasmante.
Ci sono, perlopiù, persone che parlano delle proprie esperienze, con voci sommesse e sguardi bassi o con la testa alta di qualcuno che sa di aver fatto qualcosa che non doveva fare e sta cercando di affrontare il problema.
Tahlsin si rintana nel fondo della stanza, su una sedia di plastica che ha visto giorni migliori, deciso ad ascoltare e non intervenire mai.
Ovviamente, niente va secondo i piani, e dopo tre o quattro interventi di altre persone, Tahlsin si ritrova in piedi a parlare troppo di qualcosa che sicuramente non è abbastanza per essere utile a lui, figuriamoci a qualcun altro.


M2 - anomalia - D&D.

in my dreams )
La conversazione, per esempio, non lo è affatto.
“Allora… io ti dico una parola e tu mi dici cosa ne pensi. E poi io ti dico cosa ne penso, perché ho sempre un sacco di cose da dire su- be’, su qualsiasi cosa.”
Nite emette un altro suono che stavolta Apollo riconosce chiaramente come una risata - o almeno, la cosa più simile ad una risata che Nite riesca a fare.
Reprimere un sorriso è troppo difficile, quindi Apollo si limita a voltarsi verso gli alberi che li circondano, fingendo di non notare il modo in cui Nite immediatamente si gira verso lo stesso punto, una mano già sull’elsa di una spada, pronto ad intervenire.
La voce nella testa di Apollo suggerisce di sospirare davanti a quell’istinto di protezione che gli fa tremare le gambe molto più di quanto sia necessario.
Il buon senso impone di lasciar perdere - Nite è un cavaliere, è protettivo perché sa che non te la cavi da solo, è protettivo perché lo sarebbe con chiunque, smettila di sperare in cose che non potrebbero mai succedere-
Apollo non è mai stato un uomo di buon senso.
“Per esempio… elfi?”
“Restra.”
“Non è mica un gioco di associazioni,” Apollo ridacchia e si volta per guardare Nite e camminare all’indietro. “Però in effetti è la prima cosa a cui penso quando dico elfo… prima non era così, ho sempre immaginato il protagonista di questo libro che leggevo da ragazzo, che infatti era un elfo-”
Ora che il racconto della trama del libro finisce, Apollo ha già perso il filo del discorso tre volte - e Nite sta osservando con un po’ troppa attenzione uno scorcio di prato completamente privo di pericoli.
“Okay, allora proviamo con… catene?”
“Mh.”
“Sì, in effetti potenzialmente è un oggetto non troppo piacevole. Se fossero nastri di seta allora magari sarebbe diverso. Non le ho mai provate, le catene sui polsi, ma non credo sarebbero troppo comode in camera da letto.”
Nite dà un colpo di tosse che fa ridacchiare Apollo.
“Fragoline di bosco?”
“Mmmh.”
“Quanto sono buone le fragoline di bosco? Io le adoro, anche se non quanto i lamponi… Oh, che ne dici di lamponi?”
“Mmh.”
“Lamponi maturi, quando sono così succosi che ti sporchi anche le dita e devi leccare via il succo perché non vuoi perderti nemmeno una goccia… nelle giornate estive, quando fa caldo e se chiudi gli occhi senti solo le cicale e sulla lingua quel retrogusto acidulo-”
“I lamponi…” mormora Nite quasi interrompendo Apollo, che si volta a guardarlo un po’ confuso.
“I lamponi, sì. Perché non ti piacciono? Preferisci le more? O i mirtilli? Magari il ribes?”
“No, i… i lamponi. Mi ricordo… il sapore dei lamponi…”
“Ti ricordi il sapore dei lamponi?” Apollo ripete dopo un attimo, senza riuscire ad afferrare subito le implicazioni della cosa. “Be’ sì, i lamponi sono- oh! Oh, ti ricordi il sapore dei lamponi! Ti ricordi il sapore dei lamponi? E com’è? Ti piaceva? Era buono? Vuoi mangiarli?”
Nite si zittisce di nuovo immediatamente, in un silenzio più contemplativo dei precedenti che prosegue attraverso tutto il seguente discorso di Apollo, fino a quando quest’ultimo non prende un enorme respiro e smette di parlare.
“Cambia parola.”
“Oh- oh, okay, sì, cambiamo parola, cambiamo- uhm- che ne dici di… pesce?”
“Mmh,” un grugnito indifferente.
“Pesce volante?”
“Mh,” un grugnito più simile ad un ringhio.
“Ah- sì, in effetti. Mmh… famiglia?”
Silenzio da entrambe le parti fino a quando Apollo non si rende conto di essersi inoltrato in quello che a tutti gli effetti è un ginepraio in cui probabilmente né lui né Nite vogliono davvero finire.
“Okay, cavallo?”
“Mhh.”
“Oddio, quanto vorrei un cavallo adesso. Sarebbe terribile doverci risalire senza l’aiuto di nessuno-” uno sguardo acuto verso Nite. “Però quanto mi piacerebbe poter smettere di camminare, stiamo camminando da ore.”
“Non è neanche mezza giornata.”
“Appunto, lunghissime intere ore. Asino.”
“Hey.”
“No- nel senso, che ne pensi degli asini?”
“Non penso niente degli asini.”
“Oddio, cinque parole tutte di fila, potrei sentirmi male.”
Nite si lascia scappare un altro grugnito, tenendo lo sguardo fisso davanti a sé, con quello che però Apollo è assolutamente convinto sia un accenno di sorriso.
“Mucca.”
“Mh.”
“Daino?”
“Mhh.”
“Aratro?”
“Eh.”
“Carro!”
“Mh.”
“Carrozza!”
“Mmmh.”
“Anche una carrozza sarebbe un sogno in questo momento… molto meglio dei cavalli, non dovrei neanche sforzarmi, solo stare seduto per la durata del viaggio e rilassarmi.”
Nite gli scocca uno sguardo che Apollo è sicurissimo sia divertito, nonostante probabilmente chiunque altro vedrebbe lo stesso identico sguardo intenso di sempre.
Apollo ha improvvisato monologhi teatrali per molto, molto meno.
“Quanto mi mancano le carrozze! Prima o poi potremmo riuscire a mettere da parte abbastanza soldi da noleggiarne una, anche piccola. Sarebbe fantastico, al posto che camminare per giorni e giorni- o, ancora peggio, al posto che dormire di notte su uno stramaledettissimo carro.”
Nite sbuffa qualcosa che potrebbe essere una risata di scherno alla menzione di qualcosa che ha così chiaramente traumatizzato Apollo.
“Oh, sì, molto molto divertente, fa un sacco ridere.”
“Non ho riso.”
“No, hai fatto la tua versione di una risata, ma quella era chiaramente una risata. Perché è super, super divertente pensare alla notte infernale che ho passato su quello stupido carro solo perché qualcuno invece non ha bisogno di dormire!”
Nite sbuffa di nuovo e scuote la testa, oltrepassando un albero caduto sul sentiero abbastanza in mezzo da ostacolare il loro percorso e voltandosi subito dopo per offrire la mano ad Apollo e aiutarlo a fare lo stesso, in un gesto che assolutamente in nessun modo provoca il nido di api che ha apparentemente preso residenza nello stomaco di Apollo.
“Prendimi in giro quanto vuoi, ma una carrozza sarebbe perfetta. Ne avevamo una, quando ero bambino, che era così comoda che praticamente mi addormentavo appena ci salivo. Mia sorella mi prendeva in giro perché lei invece non vedeva l’ora di salirci per vedere *cosa * ci fosse fuori dal quartiere ricco di Astrealia.”
“Tu no?” domanda Nite in una delle rarissime domande che hanno il solo effetto di convincere crudelmente (perché l’impossibilità della cosa gli sfugge in modo allarmante, evidentemente) Apollo che la sua parlantina non sia un problema.
“Io preferivo sentire i racconti dalla mia balia. E poi leggere i racconti. Forse è per questo che poi mi addormentavo, sulla carrozza. Però era veramente una bellissima carrozza, di legno scuro e dorata, con lo stemma della nostra famiglia intarsiato sul fianco in mogano e dipinto in blu con un pigmento che probabilmente costava quanto quello che ricaveremo da questo lavoro.”
Apollo stringe la mano di Nite e supera l’albero con un saltello estremamente poco dignitoso, continuando a camminare fino a quando non si rende conto che Nite si è fermato di colpo.
“Nite? Che succede?”
Nite rimane in silenzio, e Apollo si costringe a fare lo stesso, avendo imparato a sue spese che nel caso in cui Nite si sia accorto di un pericolo è sempre meglio rimanere fermo, immobile e soprattutto zitto, piuttosto che fare più danni del necessario.
“Io… nulla. Continua,” Nite scuote la testa, affiancandolo di nuovo con uno sguardo che per una volta Apollo non sa interpretare.
Non sapendo se Nite intenda continuare a camminare o continuare a parlare, Apollo opta per entrambe le cose.
“Quello che adoravo di prendere la carrozza era più che altro guardarla da fuori, per il resto dormivo tutto il tempo perché i sedili interni erano rivestiti in velluto ed erano morbidissimi.”
Quando il silenzio di Nite diventa più disturbante che piacevole, Apollo si lascia sfuggire una piccola risata nervosa e si arrotola una ciocca di capelli biondi attorno al dito, cercando di apparire molto più rilassato di quanto sia davvero.
“Una volta- l’unica volta che non mi sono addormentato è stato durante una parata di qualche tipo, quando ero ragazzino. Non mi ricordo neanche cosa fosse, so solo che era uno di quei casi in cui mio padre voleva a tutti i costi mettere in mostra tutto il lusso che potevamo sfoggiare e mio fratello aveva passato tutta la mattinata a ripetermi che avrei fatto sfigurare la famiglia con il mio essere Apollo. E mi ricordo che ero sveglissimo perché avevo sentito mia madre dire che avremmo avuto dei mercenari di scorta e non ci era mai capitato prima e tutto quello che volevo era vederne almeno uno, perché avevo solo letto nei libri cosa fossero-”
“Come fai a saperlo? Chi te l’ha detto?” Nite lo interrompe così bruscamente che Apollo quasi perde l’equilibrio nel tentativo di voltarsi a guardarlo.
“Cosa?”
“Come fai a sapere queste cose?” forse per la prima volta da quando lo conosce, Nite alza la voce e Apollo si ritrova a guardarlo con gli occhi spalancati per la sorpresa, immobile come uno di quei cervi che si vedono a volte nella foresta.
“Io… cosa? Queste… come faccio a sapere queste cose? Sono… te le sto raccontando? Non capisco cosa intendi…”
“Non dovresti- come fai a saperlo? Chi ti ha raccontato della parata? Come fai a saperlo?”
“Te l’ho detto, Nite, io non- te lo sto raccontando perché ero lì, non so come altro potrei risponderti, te lo giuro.”
Nite rimane in silenzio così a lungo che Apollo comincia a pensare che qualcosa di terribile stia per succedere, così tanto al di fuori delle sue abilità mentali da non riuscire nemmeno a comprendere cosa ha scatenato tutto questo.

 

M2 - risonanza - Stranger Things.

 

passerą questa notte gelida )


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2022 - A YEAR IN REVIEW 

I’ve wanted to do this for a while, and February is like the best moment to do it since it’s a fucking endless month as always. It’s a yearly review, more for me than for anyone else, but yeah! Journaling isn’t really my thing, but I think sometimes it helps. We’ll see.
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